lunedì 18 marzo 2013

Maratona di Roma 2013

Ormai il blog è pieno di ragnatele. Mia la colpa, ma il tempo, la voglia mancano in maniera alternata e così scrivo pochissimo, ma il racconto della Maratona di Roma, quello non può mancare sul mio blog...

Come sempre, il racconto di una maratona, è come se fosse l’ultima scena, quella conclusiva, di un film che racconta una storia iniziata molto prima.
L’inizio parte da quando si prende la decisione di cliccare sul tasto ‘iscrizione’ del sito della gara, dai primi allenamenti specifici, dalle gare di preparazione, dai lunghi, dalla settimana che precede la gara.
Un racconto che dovrebbe abbracciare almeno tre mesi e proprio da inizio dicembre che infatti, insieme ad alcuni amici di vicino casa, abbiamo cominciato a vederci il fine settimana per iniziare ad allungare le distanze: si comincia da 15 per passare a 17, 21 e così via.

Poi è arrivato il primo lungo: 30 km corsi di buona lena, questa volta da solo, per una serie di coincidenze, ma che mi avevano lasciato ottime sensazione. Avevo mantenuto un buon ritmo per tutto l’allenamento, arrivando al 30° abbastanza fresco. Il lunedì ero già come nuovo e martedì pronto per le ripetute: in programma c’erano 8x1000. Le ho corse bene, intorno a 4’20”. Alla fine della sesta ripetuta però un fastidio al ginocchio destro: ‘vabbè mo passa…’ alla settimana il fastidio era più intenso, quasi dolore: ‘vabbè tanto siamo arrivati all’ultima’ e sono partito, ma quella ripetuta non l’ho mai finita… il fastidio ha cominciato a diventare dolore e poco dopo metà dei 1000 metri previsti, mi sono fermato e ho camminato. Evidentemente i 30 Km di due giorni prima non erano ancora stati completamente smaltiti e il ginocchio chiedeva il conto.

Da qui è cominciato un lungo calvario, fatto di voglia di continuare gli allenamenti e dolori al ginocchio che mi impedivano di correre. Come spesso succede, ho sottovalutato il dolore e dopo un paio di giorni, già volevo riprendere, tanto che il sabato successivo sono uscito tranquillamente per l’allenamento previsto (20 Km), salvo poi fermarmi a 4° e doverli rifare indietro, camminando con entrambe le ginocchia doloranti, peggiorando notevolmente la mia situazione.

La prima grande delusione è stata il dover rinunciare alla 3 Comuni, una delle gare più belle del panorama romano e sino al giorno prima ero indeciso sul da farsi, ma poi alla fine sono rimasto a casa le salite, ma ancora di più le discese ripide mi facevano troppa paura per le mie ginocchia malconce.
Pochi allenamenti, fatti di corsa lenta e zoppicante hanno caratterizzato la fine di gennaio e quasi tutto febbraio. Dopo aver saltato la 3 Comuni, correvo il rischio di dover rinunciare anche al Giro del Lago di Bracciano, che secondo la mia tabella di marcia sarebbe dovuto essere il mio 2° lunghissimo, dopo i 30 di gennaio. Sapevo che questo lunghissimo era da farsi, a tutti i costi, e così, anche con le ginocchia doloranti, siamo partiti con i miei compagni, una mattina gelida di febbraio. Il riscaldamento è stato micidiale: le ginocchia hanno cominciato a pizzicare e con l’angoscia di non riuscire a portare a compimento la gara, sono partito: ‘o la va, o la spacca’.. ero cosciente del fatto che mettevo in gioco sia la Maratona di Roma che la RomaOstia, ma dovevo provare. E’ stata la gara più sofferta che abbia mai fatto: il ginocchio alternava fasi in cui mi dava fastidio, a fasi in cui mi tormentava letteralmente. Avevo preso anche una ginocchiera che doveva aiutarmi a sentire meno dolore, ma durante la lunga corsa, scendeva saliva stringeva, si attorcigliava, tanto che alla fine l’ho abbassata alla caviglia per non doverla più sopportare. Sono arrivato all’arrivo, neanche io so come, ma alla fine zoppicavo vistosamente e una volta tornato a casa, avevo difficoltà a deambulare: dovevo ricominciare tutto dall’inizio, ma almeno 34 Km li avevo messo in saccoccia e per questo ero felice (ulteriore prova, se servisse, di quanto siamo dei pazzi noi runner…), anche se chiaramente il time non era per nulla incoraggiante.

I giorni passano, ma non il fastidio, che diminuisce, ma è sempre li, pronto a ricordarmi che potrebbe peggiorare, così decido di fermarmi per 10 giorni, completamente, prima della RomaOstia. 

Arriva il giorno della RomaOstia, le ginocchia sembrano andare meglio, il riposo è servito, anche confortato dal fatto che il sabato mattina avevo corso una mezz’oretta per ‘sciogliere’ le gambe con i miei compagni, e riuscivo a correre quasi normalmente.

Parto per la RomaOstia e le gambe sono decisamente fresche, riesco a correre tranquillamente al ritmo di 5, 5’10” per Km, senza forzare. Le ginocchia sono tranquille, non mi fanno male e la gente che mi circonda mi aiuta a correre. Comincio ad immaginare finalmente il superamento dell’obiettivo che mi ero posto per quella mezza maratona: scendere sotto 1:50. Riuscendo a tenere quel ritmo il personale l’avrei disintegrato, ero vicino a 1:46 e correvo alla grande. Poi, dopo la discesa del Camping, intorno al 17°, le gambe hanno cominciato a chiedere il conto, mi sentivo stanco, non avevo voglia di forzare e per ben due volte, ho anche fatto un tratto camminando. Sono arrivato a 1:50:36 e lì il mondo mi è crollato addosso. Come immaginavo di portare a termine una maratona dopo due settimane se non riuscivo a correre bene neanche più di 17 Km. Ma non ho mollato e, visto che comunque le ginocchia sembravano andare meglio, ho ricominciato a correre con frequenza, affrontando il periodo di scarico con costanti corse.
 




Ultima settimana di rito, con scarico/carico carboidrati e ancora allenamenti dal lunedì fino al giovedì. Dopodiché il buio in sala, comincia l’ultima scena, ritorna pian piano la luce, si sentono le urla della gente che fa il tifo, mi vedo seduto sul marciapiedi di Via dei Fori Imperiali che aspetto lo scoppio che darà il via alla 19° Maratona di Roma. Ecco, ci muoviamo e mi alzo. Ci vogliono diversi minuti, ma alla fine passiamo anche noi dell’ultima griglia sotto la partenza e si corre. Mi sento tranquillo, corro con estrema leggerezza e non trovo neanche tantissimo traffico. I primi chilometri li faccio con un amico del forum che però si allontana velocemente: è troppa la calca per riuscire a stare insieme. Il mio primo grosso obiettivo è correre ad un ritmo tra 5’30” e 5’20” fino al 18° Km, dove dovrebbe esserci un mio amico che mi avrebbe tenuto compagnia.


 

I chilometri scorrono velocissimi, vanno via i primi ristori e, diversamente dalle altre volte dove mi fermavo a camminare per bere, afferro una bottiglietta e continuo a correre sorseggiando lentamente. Cerco di capire le modifiche apportate al percorso, per via della deviazione necessaria vicino al Vaticano. Tutto sommato il percorso è bello, certo, non ci sarà Viale della Conciliazione, ma è poco il male se pensiamo a quello che abbiamo effettivamente rischiato. Più mi avvicino al 18° Km e più mi sale l’ansia di non incontrare il mio amico. Infatti, oltre a danno pratico di non avere un compagno con cui correre, sarebbe stato un forte smacco psicologico se non l’avessi trovato sotto la paletta che segnava il chilometro. Ma invece c’era, e di questo gli sarò sempre grato, facendomi in quel momento l’uomo più felice al mondo.

Cominciamo a correre insieme e fare qualche battutina. Le mi e gambe stanno benissimo, il time è assolutamente in linea con le aspettative, anzi leggermente in anticipo. Dopo aver preso il primo integratore al 10° Km, rischiavo di dimenticare di prenderlo al 20°, tra una chiacchiera e l’altra e le gambe che non ne risentivano assolutamente. Continuiamo a correre così per tutto il tempo, affrontando il vento, il freddo i chilometri uno dopo l’altro. Le ginocchia, che tanto mi avevano fatto patire in questo periodo, sembravano aver fatto pace con il mio corpo e non si facevano sentire, andavano alla grande. Dopo aver chiuso la mezza in 1:58, ho cominciato ad assaporare la possibilità di centrare l’obiettivo, anche se 2 minuti di vantaggio non mi sembravano tantissimi. Ritornati sul lungotevere si va verso il centro. Il fatto di sentirmi ancora benissimo, da una parte mi impressionava (non avevo previsto di riuscire a correre così bene per tanto tempo) da l’altra mi dava la carica per sorpassare un sacco di gente. 

Arrivati a Piazza Navona, ormai mi rendo conto che comunque sarebbe andata, la medaglia l’avrei agguantata, magari senza fare il tempo, ma il traguardo l’avrei superato. La stanchezza comincia a farsi sentire, ma non mollo. Il mio amico davanti mi da il ritmo e mi aiuta a non calare o ancora peggio crollare. Ormai siamo agli sgoccioli ( e meno male..) passata Fontana di Trevi, inizia la parte secondo me più difficile, fatta si salite (‘dai che ora finisce’), sampietrini (‘lo vedi che passandoci su è come se ti massaggiassero la pianta del piede’, peccato che è così difficile da crederci), ma anche di gente che ti incita che ti sospinge e ti fa prendere dal fondo le ultime energie. Poi passo sotto al gonfiabile del 40° Km e vedo che mancano ancora 15 minuti e li tutto cambia, mi rendo conto che ormai ci sono: il muro delle 4 ore l’ho battuto, anzi abbattuto e non capisco più niente, corro senza provare nulla, ne fatica ne gioia: sono in trance e così rimango fino al traguardo, dove 
guardo il mio Garmin e leggo 3:57… gioia infinita, sono incredulo… 




L’unico cruccio è il fatto che il mio amico è stato intercettato sulla salita che circonda il Colosseo e l’hanno fatto uscire: avrei voluto passare il traguardo con lui per abbracciarlo forte per cercare di fargli capire quanto gli sono grato…